Intervista al Professor Lorenzo Gai, Professore Ordinario – Economia degli intermediari finanziari – Dipartimento di Scienze per l’Economia e l’Impresa dell’Università degli Studi di Firenze.
Professor Gai, ci può illustrare il contesto in cui si inserisce questo disegno di legge sulla riforma dei Confidi?
Il disegno di legge sulle piccole e medie imprese prevede, all’articolo cinque, la delega al Governo per riformare tutto il sistema dei Confidi attualmente disciplinato da una legge del 2003 che oggi non consente ai Confidi un’operatività efficace e coerente con il nuovo contesto economico.
Qual è il problema principale che questa riforma intende affrontare?
Secondo la relazione illustrativa del disegno di legge, le imprese di piccole e piccolissime dimensioni hanno una crescente e ricorrente difficoltà ad ottenere credito dalle banche. Nell’ultimo decennio il credito bancario alle imprese si è ridotto notevolmente, soprattutto verso quelle di minori dimensioni. Questo è un dato di fatto che non possiamo ignorare.
Quali sono le cause di questa riduzione?
Ci sono diverse ragioni. Innanzitutto, i nuovi modelli di business delle banche, che sono sempre meno presenti sul territorio con sportelli fisici. Questo comporta un venir meno della prossimità con il piccolo artigiano, la piccola azienda commerciale o industriale. Le banche, soprattutto i grandi gruppi, hanno abbandonato i territori e questo tipo di mercato. Anche le banche di credito cooperativo, le BCC, che pure operano all’interno di due grandi gruppi, risentono di questa dinamica.
I Confidi potrebbero rappresentare una soluzione?
Fatta questa premessa, il tema centrale è come far arrivare risorse finanziarie a queste micro e piccole imprese. Per queste realtà, l’approvvigionamento attraverso i mercati finanziari o l’emissione di bond sono evidentemente impraticabili. Riformare i Confidi può essere una via non per invertire la tendenza delle banche, che è ormai strutturale, ma per dare una forma alternativa di supporto e finanziamento. È importante sottolineare che i Confidi non sono enti esterni alle imprese: i soci dei Confidi sono le imprese stesse, soprattutto piccole, medie e micro.
Il punto di forza dei Confidi è proprio la vicinanza territoriale e la mutualità. Negli ultimi anni, grazie anche al supporto di molte amministrazioni locali, i Confidi vigilati dalla Banca d’Italia, oltre a svolgere il loro mestiere storico di concedere garanzie verso le banche a favore delle PMI loro associate, hanno sviluppato molto anche la forma dei finanziamenti diretti, cioè loro stessi erogano risorse, non più solo garanzie.
Quali sono le potenzialità operative dei Confidi oggi?
Oltre a quella appena citata dei finanziamenti diretti essi hanno la possibilità di gestire fondi pubblici e agevolazioni di natura pubblica, rappresentando un veicolo decisivo di tali risorse verso le piccole imprese. Questo è fondamentale per dare una mano a destinare mezzi finanziari alle micro realtà imprenditoriali ormai assai neglette dal sistema bancario.
Cosa prevede concretamente questa riforma e quali tempi potrebbe avere?
Per poter svolgere appieno questo ruolo di sostegno alle micro e piccole imprese e per ampliare le loro possibilità operative, bisogna superare i vincoli attuali. Oggi deve prevalere l’attività di garanzia strettamente intesa sulle altre attività. Superare questi vincoli consentirebbe ai Confidi di rispondere più tempestivamente e meglio alle esigenze di finanziamento e sostegno delle PMI. Questa è la chiave del ragionamento.
Quanto ai tempi, i dodici mesi di tempo per legiferare scadono a fine dicembre 2025: rimangono, dunque, meno di tre mesi per riformare la legge quadro, fornendo nuove possibilità e un maggiore spazio operativo per mettere a frutto la grande quantità di mezzi propri che i Confidi hanno accumulato nei primi anni della loro attività.
I Confidi possono diventare un vero presidio territoriale in sostituzione delle banche?
Visto l’abbandono delle grandi banche, il loro affidarsi a policy del credito e a sistemi di valutazione del merito creditizio automatizzati che non prevedono conoscenza e prossimità con le imprese, soprattutto di piccole dimensioni, è necessario certamente ritrovare elementi di prossimità. I Confidi dovrebbero fornire questo. Pensiamo a Confidi Centro Nord, che copre Toscana, Valle d’Aosta e Umbria: è un esempio di come i Confidi possano essere presenti capillarmente sul territorio.
I Confidi, inoltre, possono fornire alle banche elementi aggiuntivi di valutazione, o addirittura concedere direttamente il credito. Ma c’è anche una funzione di consulenza fondamentale: aiutare le imprese a presentarsi in maniera più appropriata alle banche. Pensiamo alle tante piccole imprese che hanno bisogno di aiuto per redigere i piani industriali, per comprendere la valenza della Centrale dei rischi, per ricercare le fonti di finanziamento più adeguate alle loro esigenze e magari individuare anche possibili incentivi e agevolazioni resi disponibili con risorse pubbliche.
Confidi Centro Nord, «La riforma dei Confidi: nuove prospettive per il credito alle PMI», www.confidicentronord.it